Poniamo pure che la storia pubblicata dal Secolo XIX sia stata una goliardata. Poniamo pure che si possa partire dalla Rivera per raggiungere la Romagna attraversando l’Appennino lasciandosi alle spalle oltre 600 chilometri per fare una goliardata. Poniamolo pure. C’è chi va al carnevale di Viareggio per sfilare sul lungomare con parrucca e trombetta, chi raggiunge Venezia per mascherarsi doge serenissimo tra le umide calli, chi va ad Ivrea per tirarsi le arance in faccia mosso da spirito goliardico. E poniamo pure che l’aquila littoria sia finita dietro lo stemma della Polispostiva Arenelle per puro spirito goliardico e che i dirigenti del sodalizio sportivo, con altrettanta verve goliardica, non patiscano imbarazzo nel farsi fotografare con il vessillo sociale rivisitato in chiave fascista tra le mani. Poniamolo pure. Perché dunque scusarsi pubblicamente con il candidato sindaco che decidi di sostenere da aspirante consigliere – come ha fatto Andrea Pavarani, ritratto a Predappio con il braccio teso in saluto romano – dando l’impressione di ritenere maledettamente serio lo scandalo mediatico che è deflagrato in piena campagna elettorale? E perché chiedere la rimozione dell’aquila littoria dalla bandiera della polisportiva – come ha fatto Attilio Schiaffino, dirigente del club e noto albergatore – tradendo un improvviso fastidio nell’associare i colori del drappo al simbolo del ventennio? Ma non era tutta un’innocente goliardata questa reiterata esposizione di simbologia littoria extrategionale? Probabilmente no. Qualcuno dei protagonisti della storia crede davvero in ciò che aquila e fascio hanno rappresentato sotto al duce e non mostra problemi a farsi ritrarre sui social. L’estrema destra avanza, dalla Grecia all’Ucraina passando per la Francia è tutto un fiorire di nazionalismi e neofascismi. Anche la marcia su Roma pareva una parata di goliardi in gita nella capitale. Sappiamo com’è andata a finire.
Lorenzo Podestà
Lascia un commento
Devi essere connesso per pubblicare un commento.