«Cazzo, che bel bersaglio! Provo a passare da dietro e li faccio fuori». Non è un cecchino a parlare dal tetto di un edificio, ma qualcuno di comodamente seduto alla base militare di Creech, in Nevada. Sta pilotando un drone Predator che si appresta a lanciare un missile Hellfire su un gruppo di persone sospette in Afghanistan.
Con i droni, tra il grilletto sul quale poggia il dito e la canna da cui uscirà il proiettile ci sono migliaia di chilometri. Una distanza che rimette in discussione la stessa idea di guerra: che cos’è infatti un combattente che non combatte? Dov’è finito il campo di battaglia? Si può ancora parlare di guerra, quando il rischio non è simmetrico? Quando interi gruppi umani sono ridotti allo stato di mero bersaglio?
Nella guerra a distanza, poco importa che siano macchine a uccidere esseri umani, l’importante è che lo facciano in modo umano. Eppure dietro l’apparente umanità della morte per droni non poche sono le questioni etiche, psicologiche e soprattutto giuridiche che vi si celano.
La guerra dei droni, più che un paradigma militare, sembra imporre quello di una «caccia all’uomo». Per Grégoire Chamayou, attraverso le trasformazioni delle tattiche e delle tecnologie militari, si tratta allora di portare avanti un’analisi delle odierne mutazioni della sovranità e una critica del diritto a uccidere come fondamento del nuovo militarismo democratico (Nota pubblicata dall’editore)
Scheda
Titolo: Teoria del drone
Principi filosofici del diritto di uccidere
Anno pubblicazione 2014
Autore: Grégoire Chamayou
Pagine 224
Collana I libri di DeriveApprodi
Tema Carcere e nuove punitività Guerra e geopolitica
Prezzo € 14.45
ISBN 978-88-6548-094-6
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