Io penso che alla cosiddetta gente freghi nulla di quanto non sia strettamente in prossimità della propria esistenza. I conflitti tribali, la denutrizione infantile, gli sbarchi dei profughi, le malattie virali, i mutamenti climatici planetari, non interpellano una coscienza collettiva quali catastrofi dell’umanità, ma piuttosto e tristemente, sono considerati per il potenziale nocumento che potrebbero arrecare alla sfera personale di chi ne fosse lateralmente investito in Occidente. Nella società dei consumi le persone sono percepite per la capacità di spesa che sono in grado di esercitare, non per quanto possano esprimere nella produzione di beni immateriali, per esempio idee, affetto, umanità. Ecco perché nessuno si preoccupa da quali settori dell’economia più o meno lecita provengano i quattrini di un milionario russo alloggiato a Portofino ma al contempo (quasi) tutti sono pronti scagliarsi contro un bimbo somalo sbarcato a Lampedusa travolto dagli eventi. E a chi mi incalza tranchant dicendomi “allora prendili a casa tua” rispondo che, considerando l’Italia casa mia, é esattamente quel che sto facendo. Ciò senza negare le obiettive difficoltà che un’immigrazione di massa produce, evento epocale che deve in qualche modo essere affrontato su base almeno comunitaria. É là, nell’Europa delle nomenclature monetarie, che questo nuovo olocausto deve trovare rapida soluzione. La nostra Costituzione (laica) ci impone il dovere della solidarietà almeno quanto determinati precetti religiosi tanto cari a chi rivendica il Cristianesimo quale dottrina morale. Capirete che non si può andare a messa la domenica mattina a recitare penitenti i salmi e desiderare respingere con il viso terreo gli immigrati in mare aperto il lunedì. Vi sarà sempre, cari signori neoimbellettati, un qualunque Cirano pronto a farvelo notare
Lorenzo Podestà
Lascia un commento
Devi essere connesso per pubblicare un commento.