Sono convinto che pubblicare la foto del bimbo morto sulla spiaggia sia stato un atto di (tardivo quanto inatteso) coraggio, per chi conosce il giornalismo dall’interno perfino rivoluzionario. Contro ogni pavida consuetudine editoriale, contro ogni ipocrita carta deontologica, l’immagine di quel corpo innocente deve decorticare l’anima di chi riesce ancora a indignarsi preservando un’umanità sempre più erosa dell’egoismo. Coloro che invece auspicano il respingimento di queste genti migranti verso l’abisso da cui provengono devono avere il coraggio di guardare quel silente corpo che urla, prima di assumere le posizioni ultranazionaliste che siamo abituati ad ascoltare. Quella foto dovrebbe essere appiccicata non solo sui giornali, ma in ogni parlamento, in ogni scuola, in ogni piazza pubblica quale paradigma dell’aridità emotiva di cui é capace l’uomo. Deve essere la nostra vergogna riflessa nel viso esanime di quel bimbo senza colpe.
Pod
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