Alla fine la questione mi pare sufficientemente chiara: credo che l’esibizione di un certo nazionalismo contemporaneo sia la risposta più scontata ai complessi problemi che interessano l’Occidente. Identificare una parte in cui riconoscersi consente immediatamente di eleggerne un’altra dalla quale smarcarsi. Noi e loro, insomma. Solo così mi spiego l’atteggiamento votato all’egoismo più becero di persone il cui razzismo intrinseco è ispirato non tanto da convinzioni ideologicamente xenofobe, ma da un avvilente spirito corporativo che innesca lotte belluine nella contesa per la sopravvivenza. Siamo ai primordi dell’uomo, agli istinti più retrivi. Qui ci si ammazza indirizzando senza alcun imbarazzo gli uni a farsi inghiottire dal mare con la politica dei respingimenti, pur di non cedere quote di benessere degli altri. Bambini di tre anni compresi, in barba a tutta la ridicola retorica fascistoide sull’onore. È un nuovo olocausto, che si sta consumando a poche miglia dalle nostre coste, l’accostamento al nazismo che qualcuno ha avanzato non lo trovo affatto peregrino. Il XXX Aprile è la festa della Liberazione, certo. Ma è anche l’occasione per liberarsi dalle scorciatoie concettuali, recuperando l’attitudine a porsi il problema della complessità di un mondo globalizzato. Opporre il mascellone del duce quale risposta alla epica sfida della sopravvivenza nel terzo millennio è come svuotare il mare con le orecchie. Non è serio, non fa neppure ridere.
Lorenzo Podestà
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