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Radicali e jiād

Mag26th
2017
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Ascolto associare ai terroristi islamici con sconcertante disinvoltura sintattica un concetto a me caro, la radicalizzazione. Nella pratica giornalistica, la maturazione di coscienza che porta un individuo dall’interpretazione in chiave jihādista del Corano alle sanguinolente azioni cui ci è dato assistere è ormai per definizione chiamato radicalizzazione. Se è vero che, secondo una visione probabilmente distorta delle sacre scritture, questi assassini intendano giungere alla radice del messaggio immolandosi contro il percepito infedele, ciò non è sufficiente a far assumere al sostantivo radicalizzazione l’equivalenza di un sinonimo. Dire radicalizzarsi non vuol dire immolarsi in nome di un dio. Si dirà, senza radicalizzazione non vi è coscienza jiādista. I cosiddetti musulmani moderati, altro termine odioso, non compirebbero mai simili abomini proprio perché privi di radicalità. È l’esatto contrario, credo. Proprio l’assenza di radicalità impedisce di cogliere pienamente il precetto coranico, che in nessun modo può giustificare lo stragismo che si vorrebbe ispirato dai precetti musulmani. D’altronde si può essere radicali, dunque aver intrapreso un serrato processo di radicalizzazione, in nome di un’etica assolutamente opposta alle pratiche terroriste. Di più, proprio il processo di radicalizzazione della propria coscienza, per esempio pacifista, può impedire di fatto qualunque deriva violenta. Radicalizzarsi è dunque bene, non male. Significa in senso gramsciano puntare la radice dei problemi, per tentare di affrontarli secondo un’etica che chiamo virtuosa in ragione di un bene metafisico e trascendente al tempo stesso (che quindi non vuol dire affatto per esempio legale o socialmente accettato, riferimenti troppo legati al contesto storico in cui sono espressi). Significa porsi il problema di un radicale cambiamento della società in cui si vive, tentando di rintuzzare il male in cui esso si genera. Ognuno secondo coscienza, sensibilità e attitudine. Radicalità, dunque. Puntando un modello di crescita spirituale che sviluppi solidarietà ed empatia non solo tra appartenenti alla medesima etnia o specie

Lorenzo Podestà

Editoriali
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