Non credo che contrapporsi muscolarmente ai cosiddetti grandi della Terra sia un’azione intelligente. Non perché abbia idealizzato il concetto di giustizia dei codici di procedura al punto da farne uno spartiacque tra il bene e il male, questo no. Ma perché usando violenza si alimenta la strumentale propaganda liberista. Sono perfettamente consapevole che dieci automobili incendiate siano nulla rispetto ai guasti causati da un sistema che affama parti di mondo per arricchirne altre dentro un vortice di puro egoismo etnico, ma non è tentando di attualizzare le tensioni settecentesche scimmiottando Marat, Danton e Robespierre che la questione si riequilibri. Lo si capisca una volta per tutte, non esistono in Occidente le condizioni politiche per tentare una rivoluzione per come siamo abituati ad intenderla guardando in faccia la Storia moderna e contemporanea. Nessuna avanguardia è in grado di sobillare i popoli, nessuna dottrina politica può oggi portare il sistema al collasso sociale. È un’illusione che nega i vincoli logici della ragione. Quella parte del movimento no global che dichiara pubblica guerra al capitale dando fuoco ai cassonetti e tirando qualche sampietrino ai poliziotti si propone, in quanto tale e proprio per questo, negazione di un’alternativa socialmente accettabile al liberismo. Oltretutto queste frange non rappresentano buona parte del movimento, che piuttosto li percepisce come un ostacolo al cambiamento (non a caso il sistema li infiltra per strumentalizzarli, quando non, sotto mentite spoglie, si sostituisce ad essi). Puro voyeurismo generazionale, molto spesso. Eppure un livellamento planetario delle opportunità di vita è davvero necessario, le tesi global sono viziate da un cinismo classista intollerabile. Innanzitutto gli epocali flussi migratori cui tocca assistere sono il prodotto di un colonialismo sanguinario intrapreso dall’Occidente fin dal Seicento, che il bizzarro nazionalismo imperiale del ventennio ha alimentato acuendo il problema. Il fascismo non è dunque la soluzione, come alcuni ventilano postando la mascella del Duce, ma semmai una delle cause dello squilibrio tra Nord e Sud. Inoltre appare non più differibile la questione climatica, che la corsa disperata all’incremento dei Pil nazionali continua ad aggravare. Un tema decisivo, che le potenze produttive mondiali in gran parte eludono pur senza negarlo. Siamo dunque votati allo gnosticismo contemplativo nell’attesa di una qualche forma di giustizia cosmica che riequilibri bene e male secondo una logica evolutiva che prescinde l’umana conoscenza? Può essere. Ciononostante, molto più modestamente, credo che la questione di un’economia condizionata da un’etica del consumo possa rappresentare, se non l’alternativa, almeno un efficace contrappeso al liberismo. Le multinazionali possono ignorare le opinioni dei consumatori, ma non possono prescindere dai loro consumi, quando questi diventassero strumento di azione politica. Più delle automobili occorre incendiare le coscienze, questa la vera e unica possibile rivoluzione dei nostri giorni
Lorenzo Podestà
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