La rivoluzione del buonsenso. L’ha promessa Salvini in campagna elettorale e, considerato l’appeal che le sue iniziative paiono avere sull’elettorato, ho inIziato, non tanto a chiedermi cosa intendesse lui – che certamente ha distorto il significato del termine al fine di rafforzare la propria efficacia comunicativa – quanto piuttosto a cosa generalmente ed onestamente si alluda quando lo si evoca. Cos’é il buonsenso? Credevo mi venisse in soccorso il dizionario Treccani, che però mi ha confuso ancor più le idee: “Capacità naturale, istintiva, di giudicare rettamente, soprattutto in vista delle necessità pratiche”. L’avverbio moltiplica i dubbi e pone un quesito decisivo: esiste un’etica di riferimento? Ovvero, di fronte ad una necessità pratica posso agire d’istinto o le mie azioni sono vincolate da un perimetro etico, per esempio legalitario? Nel caso di Salvini lo scenario è politico, si presume quindi che il diritto orienti la capacità di giudicare rettamente rispetto all’ordinamento esistente. La questione dirimente è proprio questa: un attore politico può influenzare il buonsenso in funzione della capacità di acquisire consenso. Si arriva al paradosso che il buonsenso, termine piuttosto vago ma certamente riconducibile ad un pensiero collettivo, si traduca di fatto nel senso individuale di chi lo sappia manipolare al punto da ricondurlo direttamente a sé. Il senso individuale diventa nei fatti il buonsenso.collettivo. È la storia dei dittatori eletti. É la storia di Hitler e Mussolini. Tutto perfettamente democratico. Salvini sta mutando la percezione del buonsenso con tecniche persuasive evidentemente efficaci, se vero che Pagnoncelli lo dà al 33 per cento. Ed essendo egli in una condizione favorevole – in difetto cioè di una morale di qualsivoglia estrazione religiosa dentro un’epoca di fatto secolarizzata – la costruzione di una nuova etica fondata sull’egoismo gli riesce bene. Senza contare il tramonto di una coscienza di classe che, se non fosse stata ridicolizzata dalle tante sconcertanti evoluzioni di una sinistra iperdogmatica o addirittura spaventosamente autoreferenziale, qualcosa avrebbe da dire per tornare ad un’esistenza che riconosca il solidarismo quale valore da assumere. Quello che Salvini chiama buonsenso altro non è che il suo programma politico, ovvero il suo senso. Dimostrino i suoi competitori conservatori o progressisti che esiste un vero buonsenso, sintesi di valori fondativi l’esperienza umana in grado di far convivere sotto lo stesso cielo un mondo complesso come mai prima d’ora.
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