“Nel mondo moderno il Dio cristiano è “morto”, poiché non riesce più a stimolare la capacità inventiva degli uomini, a guidarne la vita e a provocare la scoperta di nuovi valori, ma si pone come ostacolo a ogni forma di rinnovamento”. E’ questa l’estrema sintesi attribuita dal dizionario Treccani al pensiero di Friedrich Wilhelm Nietzsche circa la contemporaneità del pensiero cristiano nella seconda metà dell’Ottocento. Un giudizio netto, che a distanza di oltre un secolo continua ad incontrare il favore di una parte dell’ateismo o, meno dogmaticamente, del mondo laico. Sullo sfondo della tesi vi è innanzitutto una questione tanto irrisolta quanto dirimente, destinata tuttavia a rimanere tale. Occorrerebbe cioè capire se Nietzsche riferisse il suo pensiero alle sacre scritture o all’interpretazione delle stesse attribuite ai ministri terreni di Dio. Ma non è dato saperlo. Si prenda in ogni caso e per esempio il tema dell’aborto, recentemente agitato in chiave ipercritica dal papa durante un’udienza vaticana. Tentando non senza spregiudicato arbitrio di porre in relazione l’opinione di Nietzsche nel merito della parola di Dio (si pone come ostacolo a ogni forma di rinnovamento, egli dice) alla critica requisitoria antiabortista di Francesco, potremmo dire che il filosofo tedesco non cambierebbe opinione. Dio sarebbe morto non essendo egli in grado di cogliere i “nuovi valori” – in questo caso la libertà di scelta della donna introdotta dalla legge 194 – che a maggioranza il popolo italiano accolse in sede referendaria. Un Dio che non sta al passo con la “vita” del genere umano, che teorizza valori disconosciuti alla maggioranza di quanti espressero nell’urna una preferenza in quella pruriginosa primavera del 1978. Parallelismo, l’interruzione della gravidanza con la speculazione nietzschiana, che rimanda ad argomenti di natura certamente teologica, che tuttavia sono entrati nel pubblico dibattito a causa dell’universalità delle opinioni espresse, non solo riconducibili all’ateismo classico. “La nozione nietzschiana di morte di Dio appare quindi molto diversa da ogni forma di ateismo tradizionale o comunque fondato su pure argomentazioni astratte, condotte in linea di principio – ricorda Treccani – è piuttosto la conclusione di una valutazione storico-culturale complessiva che si esprime nella diagnosi nichilistica dell’intero decorso della civiltà greco-ebraico-cristiana”. Il dibattito è dunque destinato a restare aperto, oltremodo condizionati appaiono i valori di riferimento da cui trae origine ogni valutazione del pensiero nietzschiano. Si può forse concludere che l’uomo ha comunque bisogno in larga parte di un Dio per relazionarsi a quel che non gli è dato fino in fondo comprendere. O per aderire alla sua parola piegandosi all’atto di fede da cui trae origine il pensiero che elegga un’entità trascendente o per respingerla in nome di un eretismo che la neghi, ispirato da un materialismo che squalifichi ogni tesi sacrale in quanto tale
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