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il Dio tradito

Dic27th
2018
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Il Dio tradito di Spinoza.

Non senza ragione, taluni respingono la filosofia medievale imputandole di assumere sistematicamente presupposti riconducibili a Dio. Un dogma che, per chi si ponga il problema di indagare l’origine delle verità, non può essere sul piano strettamente logico accettato. La verità, ritengono i critici dell’impostazione medievista, deve essere svincolata da ogni qualsivoglia precetto, nulla può assumersi a prescindere quale premessa cognitiva. Non mancano tuttavia autori, che certamente medievali non sono, i quali non rinunciano ad adottare Dio quale inizio e fine di ogni azione terrena dell’uomo. Baruch Spinoza (1632-1677) associa a Dio il conseguimento della beatitudine, obiettivo supremo dell’esperienza terrena. Egli, nel suo “Breve trattato su Dio, l’uomo e la sua beatitudine”, lo rappresenta come la realizzazione della felicità che ci è dato vivere. Dio coincide con la natura, che è in sé generante (mentre tutte le altre cose sono generate). Spinoza ribalta così la visione cartesiana secondo cui l’uomo è destinato alla elaborazione di una scienza universale che gli permetta di dominare la natura (che dunque non è Dio). Tutti gli altri beni che non siano la beatitudine, quali per esempio il piacere dei sensi, la ricchezza, gli onori – pur non essendo negativi – non riescono mai a dare la felicità e dunque non sono veri beni. L’uomo persegue secondo Spinoza una felicità eterna e infinita che solo Dio gli può dare, un Dio che per queste ragioni assurge a bene supremo, un Dio che dev’essere conosciuto. Si produce in tal modo una simbiosi tra la mente dell’uomo e la natura circostante. Nell’unione degli elementi l’uomo realizza la massima perfezione. Un’impostazione che, per chi creda in Dio o comunque si ponga il problema dell’analisi del pensiero spinoziano, induce più d’una riflessione rispetto al rapporto contemporaneo tra uomo e natura: essa appare brutalmente piegata alle necessità di un sistema economico e sociale immaginato per creare profitti e benessere (non la felicità) secondo un modello di sviluppo che rinnega quel Dio che Spinoza fa coincidere con la natura. Non basta un generico quanto retorico richiamo alle tradizioni del presepe per sciogliere le contraddizioni di un modello di sviluppo e gestione delle pratiche correnti dai presupposti tutt’altro che cristiani.

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