Io non so se Cesare Battisti sia colpevole, come la magistratura lo ritiene. O piuttosto innocente, come lui si dichiara da sempre. Esiste però un provvedimento pronunciato da un Tribunale italiano che lo condanna all’ergastolo. Molti ritengono che le sentenze non si commentino, ma si impugnino per consentire all’imputato di provare la propria non colpevolezza. Nello specifico prendo quindi atto che il collegio giudicante, sulla scorta delle prove raccolte dalla magistratura inquirente, ritiene Battisti responsabile degli illeciti lui ascritti. Così è organizzata la giustizia tra i confini di uno Stato democratico e costituzionale. Riflettendo su queste semplici direttrici logiche ho pensato a quanto la giustizia, intesa non soltanto in termini di principio ma soprattutto applicazione di codici, sia strettamente vincolata al quadro istituzionale in cui è esercitata. Il ché conduce spediti ad una spericolata valutazione subordinata, per così dire. Ma dovuta. Prendiamo ad esempio l’Italia repubblicana. Essa è figlia della lotta di liberazione dal nazifascismo, su questo non possono esservi dubbi. Una liberazione armata, che ha sovvertito nel sangue il regime precedente. Sulle ceneri del Ventennio si è organizzato lo Stato democratico. Che si è dato leggi per organizzare la giustizia. Senza le armi alleate e partigiane non vi sarebbe stata giustizia, questa giustizia. Torniamo quindi a Battisti. Nel nome di un ideale rivoluzionario egli ha (avrebbe) commesso omicidi per i quali è stato condannato. Ma è del tutto evidente che se il tentato sovvertimento dello Stato fosse approdato a compimento Casare Battisti non sarebbe oggi in carcere. Se è stato tradotto l’altro giorno nelle patrie galere dopo 35 anni di latitanza è perché su di lui pendeva una condanna pronunciata in nome di una giustizia resa possibile sovvertendo in armi la Repubblica di Salò. Comprendo l’obiezione, che è anche mia: non si possono paragonare la guerra di liberazione alla mancata rivoluzione comunista degli anni Settanta. Vero, non si può. Non si deve. Ma si può dire che la giustizia non è un valore assoluto, ma è ispirata – come ho appena tentato di scrivere – da ideali nei quali si riconoscono i vincitori di un processo comunque rivoluzionario. La giustizia è soggettiva in termini di puro principio, diventa oggettiva nell’applicazione dei codici che la regolano. Quel che è perseguito in Italia non lo è in Francia, per esempio. Perfino superfluo ricordare quanti imputati siano stati condotti a morte in nome di una giustizia sconfessata dalla storia. Cesare Battisti è colpevole, resti in carcere. O se vi saranno le condizioni gli si concedano i benefici previsti. La sua rivoluzione, come quella di migliaia di giovani impegnati nella lotta armata, non è riuscita. Poteva morire per strada durante un conflitto a fuoco come molti altri. Morirà in cella. E’ stato condannato dalla Storia, prima ancora che dalla giustizia. Preferisco osservare l’intera vicenda in quest’ottica, troppo esposta a variabili la giustizia di Stato per assumerla quale parametro esaustivo. E tantomeno assoluto.
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