“Un insulto alla Patria e ai suoi Caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà”. Così si espressero per iscritto l’11 febbraio 1965 alcuni cappellani militari toscani (in congedo). Sullo sfondo il tema dell’obiezione di coscienza. A tale documento pubblicato sul quotidiano La Nazione di Firenze, don Lorenzo Milani rispose attraverso una lunga e notissima lettera …pubblicata il 6 marzo su Rinascita, nella quale il sacerdote mise in discussione sul piano costituzionale, prima che ecclesiale, il principio dell’obbedienza quale irrinunciabile precetto. Obbedienza alla legge degli uomini, dunque. O adesione a principi che possano superarla in ragione di valori superiori. Impossibile non pensare a Socrate, alla sua dottrina sulla necessità di ubbidire alle leggi nonostante siano ritenute ingiuste, all’unica possibilità di sottrarsi ad esse cambiandole attraverso lo strumento del dialogo. Dall’età classica al Basso Medioevo. Giovanni Pontano ritenne, analizzando la società napoletana d’inizio Quattrocento, che “l’obbedienza è un elemento costitutivo dello stesso essere umano quando, per evitare altrimenti la sua stessa rovina, sottomette le sue passioni all’obbedienza suggerita dalla razionalità”. Due espressioni che possiamo definire in qualche modo legalitarie, non senza arbitrio interpretativo. Altre ve ne sono, indagando la storia della filosofia, sostenute dalla suggestiva speculazione socratica secondo cui “è vero che l’uomo spesso conosce il bene ma non basta la razionalità per metterlo in atto (…) ed allora la volontà di ben operare fallirebbe se non vi fosse la volontà sostenuta dall’obbedienza che fa da tramite tra il momento intellettivo e quello dell’azione”. Non è stato sempre così anche in epoca contemporanea. Non è così per don Milani, secondo cui, lo scrisse nella polemica lettera indirizzata ai cappellani militari, occorre “Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto”. Una questione che ha attraversato i secoli giungendo a noi del tutto irrisolta. E che intreccia in maniera decisiva la vicenda della Sea Watch, interrogandoci sulla legittimità delle azioni intraprese della comandante Carola Rackete della nave non governativa che salva i naufraghi/migranti al largo delle coste africane. La legge democratica è senza dubbio un valore. Ma, non potendo dissolvere l’insoluta e complessa questione del perseguimento del bene, può essere definita non esauriente. E quindi impugnabile
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