“Non ho una ragione scientifica per non credere”. Questo dichiarò l’astrofisica Margherita Hack nel 2010, nel corso di un celebre pubblico confronto con monsignor Giuseppe Zenti. Una posizione netta, coraggiosa. Che pone limiti concettuali ad un ateismo che si intenderebbe fondato su ragioni sistematiche, razionali. Margherita Hack non crede, definisce Dio (qualunque Dio) un’assurda invenzione. Ritiene che l’empirismo di cui la fede (le fedi) si nutre sia un tratto antropologico, al pari del culto dei morti. Ma non sconfessa sul piano scientifico l’ipotesi trascendente. Un ragionamento esemplare. Non ho elementi per sconfessare scientificamente il Dio degli uomini. Ciononostante non credo in Dio, perché il mio pensiero – che si nutre di scienza, una scienza che non è in grado di dimostrare la mia tesi – non può accettarlo. Questo dice la Hack. In questo pensiero vi sono tutti i limiti dell’uomo, l’impossibilità di dimostrare razionalmente la presenza o l’assenza di un’entità trascendente.
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